Elisa Montessori e Giovanna De Sanctis Ricciardone
Elisa Montessori
Elisa Montessori nasce a Genova nel 1931. Verso la
fine degli anni '40 si stabilisce a Roma dove ancora oggi vive e lavora. Qui
compie studi classici e si laurea successivamente in Scienze Umanistiche presso
l'Università La Sapienza. Avvia la propria formazione nel contesto artistico
romano apprendendo le diverse tecniche direttamente dagli artisti senza il
filtro delle accademie. Incontra Corrado Cagli da cui apprende la tecnica del
monotipo; diviene allieva di Mirko Basaldella con cui condivide l’interesse per
le culture lontane, specie quella orientale e per lo sperimentalismo,
cimentandosi in tecniche come tempera all'uovo, ceramica, lavorazione dell'oro
e incisione. Conosce Capogossi, Mafai e Afro. Segue gli sviluppi del Gruppo
Origine, fondato da Burri, Capogrossi e Colla ma sin dagli esordi intraprende
un percorso solitario e molto personale poichè la sua espressione non abbraccia
nessuna delle due correnti. L’isolamento è dunque una costante del percorso
artistico della Montessori e, nel periodo in cui inizia la sua attività, questa
scelta è penalizzante, essendo, inoltre, una donna. Malgrado ciò non le manca
l’attenzione della critica e la partecipazione ad importanti mostre come le
Quadriennali, la Biennale di Venezia, la Biennale di S. Paolo in Brasile.
Raffinata nel segno e nella composizione, la
ricerca di Elisa Montessori intreccia due mondi, quello segnico e visivo tipico
delle ricerche visuali occidentali, e quello nascosto e spirituale d’Oriente.
L'artista racconta che la passione per il disegno
è una costante sin da bambina ed è da questo modo di esprimersi che nasce la
sua attività di artista. Gli elementi protagonisti del suo fare si basano sul
segno che rimane nel tempo ed il rapporto con lo spazio del foglio o della
tela, che è sempre bidimensionale. Tutto avviene sulla superficie della tela,
non c’è profondità, non c’è idea di spazio prospettico. Su questa pagina bianca
si percepisce in particolare la ricerca di un rapporto profondo tra donna e
natura, inteso come momento di trasformazione e di metamorfosi; racconti
mitologici e corrispondenze con testi letterari, derivanti da un rapporto privilegiato che l’artista ha con la
letteratura e la poesia, il lavoro di
Elisa Montessori è un viaggio nella mente, nella memoria del mondo e nelle
emozioni. I segni sembrano emergere frammentari come da un ricordo, sono tratti
insistiti che si rincorrono addensandosi e diradandosi. Tutti insieme formano
un disegno unitario, spesso un paesaggio, sono immagini molto mentali come una
visione ricordata stando ad occhi chiusi.
L’osservazione della forma e della struttura di
elementi naturali, quale una foglia o una roccia, può essere l’elemento
dominante di un suo quadro e deriva dalla sua attenzione per la cultura
orientale. L'artista si focalizza su una natura composta da respiri vitali che
animano l’universo, intesa nel suo incessante divenire, nella sua costante
germinazione e tradotta in gesto automatico; è la trasformazione del paesaggio,
un paesaggio vegetale, a volte evidente, altre appena suggerito, che gioca con
la linea e con i tanti modi di interromperla, dedicandosi a variazioni
spontanee e impercettibili. Elisa Montessori è interessata all’imperfezione, al
casuale, all’irregolarità, alle sorprese e ai rischi. Ogni sua opera cela l’imprevedibile,
racchiude un segreto.
Per tanto tempo il colore rimane un aspetto
secondario, si affaccia a volte con leggerezza, creando sorpresa in un campo
grafico, dove spesso il fondo non è dipinto. La pittura matura molto più tardi
e dilaga negli anni Ottanta, il colore è un fatto passionale, legato a un
maggiore abbandono.
Negli ultimi anni la curiosità di sperimentare
porta la Montessori ad esprimersi anche con il mosaico e a riprendere un
vecchio amore per la ceramica, con la quale realizza varie opere. Anche
attraverso queste diverse tecniche non viene mai meno lo stile riconoscibile
dell’artista: l’imprevedibile macchia di colore, il fluire delle linee
nell’eleganza del segno che insieme descrive, dettaglia, ed è sintetico.
Giovanna De Sanctis Ricciardone è stata
un’architetta, pittrice e scultrice italiana, nata alla fine degli anni ‘30 a
Roma, città nella quale ha trascorso gran parte della sua vita. Dopo essersi
laureata in architettura presso la facoltà di Architettura Valle Giulia, negli
anni ’60 ha iniziato a lavorare come architetta ed artista fino al 1974, anno
in cui abbandona l’ambiente architettonico e si unisce all’associazione
culturale “Il Politecnico”, uno spazio multidisciplinare aperto ad artisti,
musicisti e poeti di Roma. Qui vi trascorre 20 anni della sua carriera,
lavorando come artista e responsabile delle arti visive.
Nel 1977, è stata invitata a partecipare alla
manifestazione "Mediterranea 2", una mostra nazionale d'arte tenutasi
a Messina, che aveva deciso di inaugurare una sezione dedicata
all'architettura. De Sanctis Ricciardone viene chiamata a collaborare con il
professor Paolo Portoghesi ed in questa occasione presenta un documento
fortemente simbolico intitolato "Addio all'Architettura"; questo
titolo, appare infatti paradossale, dal momento che il documento è destinato ad
essere esposto in una mostra sull'architettura. Tuttavia, esso è una critica
contro l'architettura prevalentemente concepita
da architetti uomini, inserito in un contesto sociale in cui le richieste
femministe sono fortemente presenti. La critica di De Sanctis Ricciardone
prende infatti di mira i progetti che mettono più enfasi sulla produttività che
sul benessere, che danno più importanza alla funzionalità che alla bellezza
architettonica e che relegano le persone in ambienti chiusi anziché promuovere
spazi aperti.
Nel 1992 lascia Roma per trasferirsi in un piccolo
paese in Umbria; qui fonda il suo studio “Progetto Arte", ambiente molto
più adatto per sviluppare la sua arte. De Sanctis Ricciardone si è sempre
definita come un’artista non tradizionale per evitare di sentirsi intrappolata
in privilegi sociali e la sua carriera è caratterizzata da una continua ricerca
della sua identità interiore e da una profonda connessione con forze cosmiche e
contraddizioni della vita umana. Il suo pensiero è espresso attraverso opere
che spesso sfidano la gravità. La sua arte mostra una particolare affinità per
il Barocco, stile che si riflette nell'uso di torsioni, forme contorte e forza
centrifuga verso l’alto.
Nella sua carriera ha partecipato a concorsi per
realizzare opere d’arte in aree pubbliche ed ha lavorato come insegnante di
materie artistiche presso il L.U.S. (Liceo unitario statale). Durante questa
esperienza la Ricciardone dimostra il suo atteggiamento nell' andare contro
tutto ciò che è tradizionale e da vita ad una delle sue opere, "l'Indiano
Metropolitano", un ritratto di un suo studente in cui l'artista cerca di
mostrare tutti gli aspetti del soggetto raffigurato.
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